Emergono contrasti interpretativi sugli effetti sanzionatori degli omessi versamenti relativi ad avvisi bonari rateizzati.
Il susseguirsi degli interventi normativi, modificativi della disciplina della rateazione dei versamenti, dovuti a seguito di comunicazioni di irregolarità relative al controllo delle dichiarazioni, non ha determinato un miglioramento nella chiarezza espositiva delle disposizioni applicabili.
Un riscontro in tal senso è rinvenibile nella disciplina sanzionatoria relativa all’omesso versamento di una delle rate oggetto del piano di rateazione degli avvisi bonari, che ha comportato difformità interpretative tra uffici periferici e agenzia delle Entrate.
In proposito, le vigenti disposizioni sulla rateazione degli avvisi bonari (articolo 3-bis, comma 3, del Dlgs 462/1997) rinviano all’articolo 15 ter del Dpr 602/1973 , in base al quale: «in caso di rateazione ai sensi dell’articolo 3-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, il mancato pagamento della prima rata entro il termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione, ovvero di una delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi sanzioni in misura piena». Tale disposizione è applicabile alle dichiarazioni relative ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2014, per le somme dovute a seguito del controllo automatizzato.
L’amministrazione finanziaria, probabilmente consapevole delle difficoltà applicative di disposizioni che non brillano per chiarezza espositiva, ha fornito una chiave di lettura dell’articolo 15 ter maggiormente conforme all’evoluzione del sistema sanzionatorio (circolare 29 aprile 2016, n. 17 ), ritenendo che, ferma restando la «decadenza dalla rateazione» per il mancato versamento di una rata diversa dalla prima entro il termine di pagamento di quella successiva, gli uffici debbano iscrivere a ruolo, oltre ai residui importi dovuti a titolo di imposta, le sanzioni nella misura piena del 30 per cento e gli interessi «applicati entrambi sul residuo importo dovuto a titolo di imposta».
Tale interpretazione dovrebbe ragionevolmente applicarsi anche alle rateazioni riferite alle dichiarazioni di periodi d’imposta anteriori a quelli di applicazione dell’articolo 15 ter, in quanto il dato normativo previgente era pressoché identico a quello in vigore.
Tuttavia, taluni uffici periferici dell’agenzia delle Entrate ritengono che, per effetto della decadenza da rateazione riferita a dichiarazioni relative ad annualità precedenti la modifica normativa, la sanzione del 30 per cento debba essere commisurata sull’intera imposta dovuta all’esito del controllo e non, invece, rapportata al residuo importo dovuto a titolo di imposta.
Questa miope applicazione delle disposizioni sanzionatorie compromette la ricerca di un equilibrio tra esigenze repressive dell’ordinamento e diritti del contribuente, occorrendo una distinzione tra i comportamenti totalmente omissivi, che non consentono di accedere a forme di definizione della controversia e quelli parzialmente omissivi, dai quali si evince l’intenzione di adempiere e un generale atteggiamento di lealtà fiscale, che, al contrario, dovrebbe consentire di salvaguardare gli effetti della definizione, qualunque sia il periodo d’imposta accertato.