La natura demaniale di un bene concesso in uso a terzi è di per sé del tutto irrilevante per la tassazione se l’area è produttiva di rifiuti solidi urbani
Infatti, da una parte vi è la potestà impositiva del Comune, riconosciuta sull’intero proprio territorio già dalla disciplina della TARSU (art. 58, comma 1 del DLgs. n. 507/1993), comprese quindi le aree portuali, ma con la specificazione contenuta nel comma 5 del successivo art. 62 che sono esclusi dalla tassa i locali e le aree scoperte per i quali non sussiste l’obbligo dell’ordinario conferimento dei rifiuti solidi urbani interni ed equiparati in regime di privativa comunale per effetto di norme legislative o regolamentari, di ordinanze in materia sanitaria, ambientale o di protezione civile ovvero di accordi internazionali riguardanti organi di Stati esteri.
Più esplicito era stato poi il comma 8 dell’art. 21 del DLgs. n. 22/1997, prima della sua abrogazione effettuata dall’art. 264 del DLgs. n. 152/2006, che, nel disciplinare le competenze dei Comuni in materia di rifiuti, aveva disposto espressamente che sono fatte salve le disposizioni di cui al comma 1 dell’art. 6 della L. n. 84/1994 e relativi decreti attuativi.
Dall’altra parte vi sono i compiti e le funzioni delle autorità di sistema portuale (AdSP), determinati dalla legge nella gestione dei servizi di interesse generale nei porti, tra i quali quelli di pulizia e raccolta dei rifiuti. Infatti la citata L. n. 84/1994, nel riordinare la legislazione in materia portuale, alla lettera c) del comma 1 dell’art. 6 aveva originariamente istituito le autorità portuali in alcuni porti nazionali con i compiti di affidamento e controllo delle attività dirette alla fornitura a titolo oneroso agli utenti portuali di servizi di interesse generale, non coincidenti né strettamente connessi alle operazioni portuali di cui al comma 1 del successivo art. 16 (carico, scarico, trasbordo, deposito), individuati con DM 14 novembre 1994.
L’art. 1 di questo provvedimento ministeriale, tra i “servizi di interesse generale nei porti” di cui alla citata lettera c) del comma 1 dell’art. 6 della L. n. 84/1994, ha poi identificato i “servizi di pulizia e raccolta rifiuti” come fra l’altro “pulizia, raccolta dei rifiuti e sversamento a discarica relativa agli spazi, ai locali e alle infrastrutture comuni e presso i soggetti terzi (concessionari, utenti, imprese portuali, navi)”.
Il tema in esame è avaro di documenti di prassi, ma non di pronunciamenti giurisprudenziali (Corte di Cassazione, ordinanza n. 10105/2012; C.T. Reg. di Cagliari, sentenza n. 23/4/17).
Recentemente la Cassazione, con sentenza n. 3798/2018, è tornata a occuparsi della TARSU richiesta da un Comune laziale a una società marittima (circolo nautico) per l’anno 2006. La società contribuente aveva impugnato un avviso di accertamento con il quale l’ente locale aveva preteso l’imposta corrispondente alla maggiore superficie tassabile per negozi, palestre, cabine telefoniche, per porto turistico, area scoperta, stabilimenti balneari e posti barca. Dopo gli alterni giudizi delle Commissioni tributarie, la società contribuente si è rivolta ai supremi giudici impugnando, con una serie di motivi, la sentenza pronunciata dal Collegio regionale.
I giudici di legittimità hanno però respinto il ricorso sulla base delle seguenti osservazioni.
Le aree sottoposte a tassazione rientrano nella detenzione della società contribuente, in forza di concessione demaniale e il servizio di raccolta dei rifiuti è stato espletato dall’ente comunale. La natura demaniale di un bene concesso in uso a terzi è di per sé del tutto irrilevante ai fini della tassazione dell’area, se produttiva di rifiuti solidi urbani (sentenza n. 3829/2009).
Il Comune impositore competente ha effettivamente svolto il servizio di pulizia e raccolta dei rifiuti, in ragione della mancata istituzione dell’autorità portuale, e quindi lo stesso era autorizzato a chiedere il pagamento della TARSU alla società contribuente. La stipulazione del contratto di ormeggio con il diportista non è circostanza idonea a sottrarre “al concedente” la detenzione dell’area concessa in uso alla controparte ed a trasferire, in capo a quest’ultima, l’obbligo tributario.
Questo perché detto contratto, per sua natura, si risolve sempre e solo nell’attribuzione al diportista del diritto di utilizzare lo spazio e i servizi connessi e non sottrae in alcun modo quello stesso spazio alla detenzione del concedente, al pari di quanto avviene nella gestione di campeggi o di attività ricettive.