Saldo annuale Iva indipendente dai pagamenti periodici

Con l’anno 2017 si risolvono gran parte dei problemi che riguardavano le dichiarazioni annuali Iva al cui interno si contrapponevano risultati di liquidazioni periodiche Iva a debito (con importo non saldato) con altri a credito.

L’annosa questione, come molti ricorderanno, scaturiva dalla compilazione del quadro VL del modello dichiarativo; infatti, gli importi a debito non saldati trovavano compensazione indiretta con quelli a credito, di modo che il risultato della dichiarazione faceva emergere un saldo netto (tenendo conto anche degli eventuali versamenti periodici) che poteva essere considerato non del tutto corretto.

L’affermazione di cui sopra va chiarita. Infatti, non vi era ombra di dubbio – con l’applicazione dei vecchi criteri – che complessivamente la posizione risultasse corretta, ma era anche da considerare che, sino allo scorso anno, nel quadro VH dovevano essere indicati i debiti periodici con i relativi pagamenti, ove effettuati.

Così, molto spesso si preferiva “fingere” che il debito periodico fosse stato onorato (pur in assenza o carenza di versamento), affinché il risultato finale del quadro VL non determinasse quella automatica compensazione, bensì lasciasse evidenza di una posizione riferita esclusivamente agli assestamenti da dichiarazione. Gli eventuali debiti periodici non saldati sarebbero stati al più intercettati con appositi avvisi bonari da parte dell’Agenzia. Talvolta, si preferiva – invece – far confluire il debito periodico non saldato nel saldo finale della dichiarazione Iva, al fine di profittare di una (dubbia) possibilità di rateazione nel pagamento.

La circolare AdE 42/E/2016, per la prima volta, si era occupata della vicenda, precisando che il contribuente avrebbe dovuto compilare il modello in modo “fedele”, nel senso di indicare come pagate solo le somme effettivamente transitate su modello F24, lasciando per conseguenza compensare i crediti/debiti all’interno del quadro VL. Pur tuttavia, la stessa circolare aveva poi chiarito che, ove fossero stati posti in essere eventuali ravvedimenti operosi, si sarebbe dovuto provvedere a rettificare il modello dichiarativo, per ricondurre a correttezza anche l’importo del saldo finale.

Ove tale ultimo saldo fosse coinciso con un credito compensabile, si poneva ulteriormente il problema della apposizione del visto di conformità; si poteva imporre “il sigillo” quando il modello dichiarativo non era completamente corretto?

Ebbene, tutti questi dubbi sembrano essere stati superati con il nuovo approccio dichiarativo, fondato sull’esistenza di una autonomia (quasi piena) dei dati dei versamenti periodici e delle liquidazioni dai quali essi promanano, rispetto alle risultanze del quadro VL del modello annuale.

Infatti, il rigo VL30 del modello, richiede di inserire nel procedimento di “liquidazione” complessiva, il più elevato importo tra:

  • quello dei debiti periodici risultanti dalle liquidazioni trasmesse, ovvero dal quadro VH qualora si renda necessario procedere a correggere le risultanze nel modello;
  • quello degli importi effettivamente versati, come risultanti da modelli F24.

In estrema sintesi, si tratta di ritenere che i debiti periodici Iva siano stati sempre versati così come dovuti.

Come mai l’Agenzia richiede l’indicazione di un dato solo teorico?

Il motivo appare semplice: le liquidazioni periodiche sono già state liquidate in sede di analisi dei dati trasmessi con cadenza trimestrale e, per conseguenza, non può ammettersi che i medesimi debiti fuoriescano nuovamente in sede di dichiarazione annuale.

Se così non fosse – e da qui emerge chiaramente la finalità dell’intervento – accadrebbe che, in relazione allo stesso debito, potrebbero essere avanzate plurime richieste di pagamento da parte dell’amministrazione.

Così, possiamo valutare il seguente esempio:

  • contribuente mensile;
  • primi 9 mesi dell’anno con sole fatture emesse, con un debito mensile di 1.000 euro;
  • versamenti effettuati, rispetto al debito complessivo di 9.000 euro, di soli 2.000 euro;
  • ultimi 3 mesi dell’anno, con sole fatture di acquisto, con un credito di 1.000 euro per mese.

Utilizzando le regole valevoli sino al 2016, la dichiarazione avrebbe chiuso con un debito di 4.000 euro (9.000 – 2.000 – 3.000).

Utilizzando il nuovo approccio, la dichiarazione chiude con un credito di 3.000 euro; infatti, il debito non saldato dei primi mesi dell’anno, verrà richiesto al contribuente con la liquidazione dei flussi Li.Pe. che sono stati trasmessi.

Si noti che, a seguito delle nuove disposizioni, le dichiarazioni annuali chiuderanno con debiti complessivi tendenzialmente minori rispetto al passato e, per conseguenza, ciò dovrebbe determinare un connesso assottigliarsi del reato di omesso versamento dell’Iva per importi annui superiori a 250.000 euro. Il reato, infatti, trae le proprie origini solo dal modello annuale e non dalle liquidazioni periodiche (che, come più volte detto, si presumono comunque saldate in sede di compilazione del modello).

Staremo a vedere se l’esperienza pratica consentirà un corretto dominio delle informazioni da parte della pubblica amministrazione; ci sono certamente casi ancora da chiarire, come quello del contribuente che, in relazione ad un mese o ad un trimestre, avesse versato un’imposta maggiore rispetto al dovuto. Tale credito, materialmente, non dovrebbe emergere dal modello annuale, bensì riconosciuto come eccedenza di versamento dall’Agenzia delle Entrate con un avviso bonario.

 

Nel modello IVA 2018 irrilevanti gli omessi versamenti periodici

Nel quadro VL si considera «a credito» il maggiore fra l’importo dell’IVA periodica dovuta e quello dell’imposta versata

Con l’introduzione dal 2017 della comunicazione dei dati delle liquidazioni IVA alcune modifiche hanno riguardato, oltre che il quadro VH, anche il quadro VL del modello IVA 2018. In quest’ultimo quadro, ai fini della determinazione del totale dell’IVA dovuta o a credito, è divenuta irrilevante la circostanza che l’imposta periodica dovuta non sia stata versata oppure lo sia stata in tutto o in parte.
Gli omessi versamenti dell’IVA in sede di liquidazione periodica, infatti, sono oggetto di autonoma riscossione sulla base dei dati trasmessi mediante la specifica comunicazione di cui all’art. 21-bis del DL 78/2010.

Si premette che nel rigo VL29 campo 1 (“Ammontare versamenti periodici, da ravvedimento, interessi trimestrali, acconto”) del precedente modello IVA doveva essere indicato il totale dei versamenti periodici, compresi l’acconto IVA e gli interessi trimestrali, nonché l’imposta versata a seguito di ravvedimento operoso, relativi al 2016. L’importo indicato in tale rigo, come detto inclusivo solo dei versamenti periodici effettuati (tempestivamente o beneficiando del ravvedimento operoso), era computato “a credito” ai fini del totale dell’IVA dovuta o a credito per l’anno (righi VL38 e VL39).

Nel modello IVA 2018 il menzionato rigo VL29 è stato soppresso, mentre è stato introdotto il nuovo rigo VL30 (“Ammontare IVA periodica”), composto da tre diversi campi e rispondente a una logica differente.
Per i soggetti passivi che non sono tenuti alla compilazione del quadro VH, il campo 1 del rigo VL30 dovrà essere compilato con l’importo pari al maggiore fra quanto indicato:
– nel campo 2, ossia l’ammontare complessivo dell’IVA periodica dovuta, la quale corrisponde alla somma degli importi indicati nella colonna a debito della comunicazione delle liquidazioni relative al 2017, per ciascun mese o trimestre (colonna 1 del rigo VP14) e dell’ulteriore importo dell’acconto IVA dovuto (rigo VP13 della comunicazione);
– nel campo 3, vale a dire il totale dei versamenti periodici, compresi l’acconto IVA e gli interessi trimestrali (ove dovuti), nonché l’imposta versata a seguito di ravvedimento operoso, relativi al 2017.

L’indicazione nel rigo VL30 campo 1 del maggiore fra l’ammontare complessivo dell’IVA periodica dovuta (campo 2) e il totale dei versamenti periodici (campo 3) comporta, dunque, che nella determinazione dell’IVA a debito o a credito per il 2017 (righi VL38 e VL39) concorre l’ammontare dei versamenti periodici dovuti anche se non eseguiti.

Possono verificarsi tre diverse situazioni in ragione di quanto descritto:
– il soggetto passivo ha versato quanto dovuto (situazione del tutto fisiologica);
– l’imposta versata è superiore al dovuto (emerge un credito che ha effetti sul risultato finale dell’anno d’imposta 2017);
– l’imposta versata è inferiore a quella dovuta (il risultato che si ottiene nella dichiarazione IVA è pari a quello che si avrebbe se l’imposta periodica fosse stata interamente versata).
Per quest’ultima situazione, si pensi al caso di un soggetto passivo “mensile” che non ha versato l’IVA dovuta (10.000 euro) risultante dalla liquidazione periodica del mese di marzo 2017, il quale compila il rigo VL30 come segue:
– IVA periodica dovuta (rigo VL30 campo 2): 110.000 euro;
– IVA periodica versata (rigo VL30 campo 3): 100.000 euro.
Il predetto soggetto nel campo 1 indica 110.000 euro, ossia il maggiore fra i due importi sopra indicati nei campi 2 e 3. Ne consegue che il totale dell’IVA dovuta o a credito (righi VL38 e VL39), risultante dal quadro VL, tiene conto dell’IVA periodica dovuta e non di quella versata.

La nuova impostazione del quadro VL fa salvo il diritto dell’Amministrazione a verificare i versamenti effettuati avvalendosi della procedura di cui all’art. 54-bis del DPR 633/72 con riferimento alle risultanze delle comunicazioni delle liquidazioni.
In base al nuovo approccio, l’Agenzia delle Entrate, se i versamenti d’imposta non risultano coerenti con i dati delle liquidazioni, trasmette un’apposita comunicazione al soggetto passivo che può fornire chiarimenti, segnalare dati ed elementi non considerati o erroneamente valutati, nonché versare quanto dovuto avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso (art. 21-bis comma 5 del DL 78/2010).

In merito all’esempio proposto, qualora dalla compilazione del quadro VL emerga un totale dell’IVA a credito (rigo VL39), si dovrebbe ritenere possibile l’utilizzo di tale credito secondo le modalità (es. rimborso, compensazione, ecc.) e nei limiti ordinariamente previsti (es. apposizione del visto di conformità), anche se alla determinazione di detto ammontare ha concorso un’imposta dovuta e non versata.